Solo la foto a confronto di un rollino 35mm (di difficile interpretazione per millennials e successori) rivela le dimensioni lillipuziane del nuovo amplificatore Pro-Ject Box S3.
Possiamo immaginare dentro ci sia un ampli in classe D basato su TPA3116D2 o TDA7492 o simili. Insomma una di quelle soluzioni tra i 20 e i 40W (a seconda dell’impedenza di carico e della tensione di alimentazione) che sempre più spesso fanno gridare “al miracolo!”, se non altro per l’impressionante miniaturizzazione rispetto a circuitazioni tradizionali equivalenti (pensiamo alle classiche basate su 2N3055).

Con una potenza pressoché doppia, questi schemi hanno praticamente pensionato la circuitazione T-Amp (e simili), basata sul Tripath 2024, considerata l’ammazzagiganti per antonomasia, già analizzata in prova 1 anno fa, proprio da queste parti.

il Box S3 ha contenitore di impeccabile alluminio -disponibile anche nero- con connettori funzionali, ma è decisamente spartano, con 1 unico ingresso linea, privo di regolazione del volume. Il premio al minimalismo sfugge solo per la presenza di 2 connettori per l’accensione concatenata di altri prodotti Pro-Ject.

L’alimentazione esterna, da 20V/3A, consente 23W su 8ohm che diventano 40W su 4. Sufficienti per ambienti raccolti (il fabbricante, correttamente, indica 15m2 massimi) ma soprattutto per diffusori di buona sensibilità. Diciamo almeno 87dB/2,83V/1m e dimentichiamoci pressioni da live rock o impetuosi “crescendo” rossiniani.

Diafonia di almeno 68dB e rapporto SR pesato A di 100dB completano i dati tecnici significativi.

Realizzato in Europa con un prezzo di listino inferiore a 300€: chiunque pensi che autocostruirsi qualcosa del genere possa far risparmiare qualche euro, pasticciando col saldatore e magari utilizzando schedine orientali tutte da accreditare, evidentemente non ha rispetto per il proprio tempo.

Francesco Sorino

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