Nell’approccio alla divulgazione di materie tecniche specialistiche penso che tutti gli autori si siano posti la domanda cruciale: “Da dove comincio?”.
Chiaramente è improponibile surrogare in poche pagine l’iter formativo che porta, in 13 anni di scuola, dalle addizioni e dalle tabelline, ai concetti di calcolo infinitesimale, differenziale e integrale, che tra l’altro, in pratica, sono -colpevolmente- patrimonio riconosciuto solo alla maturità scientifica.
Quasi tutti gli altri restano alle noiose disequazioni, un minimo di geometria analitica, dosi omeopatiche di trigonometria.
Analogamente nella fisica, il passaggio dal concetto di leva, alla termodinamica, all’elettromagnetismo, ai quanti, alla relatività, ha impegnato la civiltà umana per circa 3000 anni, più altri 7000 precedenti, occupati per passare dall’invenzione del linguaggio, e quindi della trasmissione di cultura, alla ricerca delle leggi della natura, contro la superstizione e i dogmi religiosi.
Ecco, diciamo che occorre mettersi l’animo in pace: le leggi della natura (la fisica) sono basate e intersecate coi concetti della matematica. Molto spesso della matematica avanzata, complessa (intendendo il coinvolgimento dei numeri cosiddetti “immaginari”). In alcuni casi talmente specialistica da essere patrimonio solo di ristrette élite che vi hanno dedicato anni di studio.
Il dovere del divulgatore è cercare di mantenere il rigore scientifico, esemplificando e decodificando nel linguaggio più accessibile possibile, ma dando per scontato che, senza alcune necessarie basi teoriche, potranno e dovranno essere prese per buone solo le conclusioni fondamentali, senza mettere troppo in discussione traguardi della conoscenza scientifica e visioni d’insieme consentite da esperienza specialistica.
Occorre bandire certe interpretazioni della realtà, creative ma parziali, basate su ingenue intuizioni, che si trasformano facilmente in comicità involontaria.
A ognuno il suo mestiere, purché documentato e sorretto dalla dottrina (che in genere, ahimè, è fatta di espressioni matematiche), dato che nella nostra comunità di homo audiens è improbabile la presenza di rivoluzionarie intuizioni da Nobel, mentre è molto più probabile l’imprecisione, l’errore d’interpretazione, il difetto di comunicazione. Gli inevitabili scivoloni vanno corretti con un po’ d’umiltà.
Occorrono dei riferimenti, in materie che nel mondo accademico dell’ultimo secolo sono state sempre trattate con sufficienza.
Coi classici testi di Rayleigh del 1894-96 (1), Olson del 1940 (2) e Beranek del 1954 (3), arriviamo agli anni ’50.
In Italia, assieme all’opera dell’ing. Ugo Bordoni, il prof. Italo Barducci è stato autore di uno dei rarissimi testi di elettroacustica universitaria (4), prima edizione del 1964, seconda del 1972, finalmente indipendente dall’acustica e intrisa di tutto l’approfondimento interdisciplinare che la tecnologia in frenetica evoluzione pretendeva (trasduttori per registrazione e riproduzione, supporti meccanici e magnetici, elettronica a tubi e a stato solido, altoparlanti, tecniche di registrazione).
Quando ho completato i miei studi, verso la fine degli anni ’80, il Barducci era già irreperibile e lo possiedo solo sotto forma di fotocopie ingiallite, nonostante il prof. in persona, titolare decano della cattedra di Fisica Tecnica presso La Sapienza di Roma, abbia vergato il mio 30-e-lode sul libretto, risultato curricolare che in parte ha condizionato le mie scelte successive.
Proprio un assistente del prof. Barducci, Silvio Santoboni, appassionato di Hi-Fi, fu co-relatore della mia tesi di laurea e, a metà anni ’90, ottenne la riattivazione della cattedra di elettroacustica, divenendone titolare.
Dopo aver pubblicato a quattro mani un aggiornato manuale di acustica (5), coronò la carriera con un nuovo manuale di elettroacustica (6), scritto in solitaria, che -finalmente- includeva anche le tematiche del digitale, fino ad allora contemplate solo nella didattica delle telecomunicazioni, inutile dire senza troppi scrupoli audiofili.
Praticamente tutti questi “testi sacri” iniziano con 2 concetti chiave: le impedenze acustiche e l’analogia elettro-meccano-acustica. In realtà lo fanno anche testi più “profani”, nel senso di “divulgativi”, come i celeberrimi volumi di Paolo Viappiani (7), pubblicati a metà anni ’80.
Qualcosa mi dice che sia giusto fare altrettanto in questa sede, dovendo rinunciare a trattare tutto quello che c’è prima, che dovrà essere considerato una serie di assiomi da chi sia privo di un minimo di studi propedeutici, ad esempio in fisica o elettrotecnica.
Nonostante ciò, confido che chi avrà la pazienza di procedere nella lettura, fugando la frustrazione di non conoscere l’archè di tanti concetti, ne guadagnerà comunque qualcosa, uscendone un po’ arricchito, anche se non miliardario.
L’intenzione è di focalizzare in ogni puntata un argomento circoscritto, magari solo una formula o un fenomeno, non necessariamente consequenziali, per ricavarne una “pillola” di cultura elettroacustica.
Pillole sì, ma ad alto dosaggio di principi attivi e auspicabilmente senza effetti collaterali.
Le varie puntate saranno racchiuse in file PDF, molto più flessibile a rappresentare correttamente i dettagli tipografici e le illustrazioni, i cui screenshot saranno visibili sul sito web e clickabili per aprire il file.
Francesco Sorino